L’Acropoli è il motivo per cui sono ad Atene. No, non è vero. Ho scelto Atene a febbraio perché il volo costava poco. E comunque visitare l’Acropoli in alta stagione sarebbe stata un’impresa dato il casino. Oggi invece è una giornata quasi estiva e anche io come i tedeschi dopo un po’ resto con solo una maglia addosso. Ho fatto colazione “sotto casa” con uno “yoghurt super bowl”, una ciotola tonda enorme con yogurt, frutta (mele, banane, fragole), nocciole, muesli, burro di arachidi e miele, più un ottimo succo d’arancia. Molto buono.
L’Acropoli non posso dire che mi abbia deluso ma nemmeno mi ha entusiasmato. Il Partenone è coperto da impalcature per lavori di restauro che presumo vanno avanti e dureranno per secoli. Una gru gigantesca sembra voler affermare la superiorità della tecnologia moderna su quella antica. E ci riesce, solo che è più brutta. Non posso scattare foto decenti, anche per colpa del Partenone che è immenso, potevano farlo più piccolo ‘sti greci antichi. Mi colpiscono invece la Loggetta delle Cariatidi, più fotogenica, e il Teatro di Erode Attico dove mi piacerebbe assistere ad un concerto. Pure il Teatro di Dionisio, almeno dall’alto, ha il suo perché. Passo dopo passo, passano quasi tre ore, direi che l’Acropoli basta così, molto bella ma non ci vivrei.
A pranzo mangio una moussakà vegetariana spettacolare. Cammino verso la Prigione di Socrate che sicuramente non era una prigione e tanto meno di Socrate (credo fossero bagni pubblici o qualcosa di simile) ma il nome mette curiosità e i turisti scemi vanno a visitarla. Io mi sento più un viaggiatore che un turista però sono ugualmente scemo e quindi vado. E poi è gratis. Si trova all’interno di un parco e altro non è che un paio di grotte scavate nella pietra. Stop. Giro per le stradine e i negozietti di Plaka pieni di souvenir cinesi e anche tanta roba artigianale o perlomeno made in Grecia. Mi fermo davanti ad uno di questi negozi incuriosito da un oggetto da appendere al muro che starebbe bene a casa mia. Arriva subito la proprietaria uscendo dal sottosuolo, nel senso che il locale si estende sotto il livello della strada. Scoprirò che il negozietto lì sotto è grande quando un centro commerciale. Sono indeciso per via del prezzo, la donna lo capisce e mi propone uno sconto se pago in contanti. Mi dice un prezzo, nel frattempo un altro cliente la chiama e lei si allontana appioppandomi alla madre anziana che io avevo scambiato per una statua, non avendola proprio vista. Mi convinco per il prezzo proposto, lo ribadisco alla cariatide e questa invece mi risponde che non è possibile. Le faccio notare che era stata la figlia a dirmelo. La signora allora scende nel sottosuolo, la seguo e la vedo parlottare in greco con la figlia. Questa non mi degna di uno sguardo, parla con la madre e nega tutto, lo capisco dal linguaggio del corpo. La vecchia mi conferma che quel prezzo non può farmelo e allora saluto e mi avvio verso la luce per uscire, mandando entrambe a quel paese con il pensiero, perché sono educato. Un attimo prima di mettere piede in strada, mi ritrovo accanto la signora. O è un fantasma o c’è un passaggio segreto, non capisco come faccia a spuntare così all’improvviso in mezzo a tutti quegli oggetti esposti in un ingresso tanto piccolo. Mi chiama e mi dice OK con la faccia di chi sta facendo un regalo ad un povero. Al momento di pagare, nuovamente nel sottosuolo, le due donne confabulano e intuisco che parlano di me, sorridono senza apparire cortesi, come se stessi rubando. Pago, saluto e salgo le scale mentre quelle parlano ancora sottovoce accanto alla cassa. Prima di mettere il famoso piede in strada, per dispetto afferro il primo soprammobile a caso esposto su una mensola e lo metto in tasca, diventando il ladro che mi avevano fatto credere di essere. La vecchia non si è materializzata stavolta. Esco dal negozio prigione per niente pentito.
Comincio a dare un nome alle strade e ai monumenti. La via del Corso di Atene si chiama Ermou e la mia camera si trova in una delle sue traversine. Il vialone è lungo ben oltre un chilometro ed è tutto pedonale. Più o meno a metà, come fosse incastonata nella strada, si trova la chiesetta greco-ortodossa Panagia Kapnikarea, molto particolare per il contrasto con la modernità che la circonda. Un’altra chiesetta carina, proprio accanto alla Cattedrale lì vicino, è la Panagia Gorgoepíkoös, un altro nome che si dimentica subito. Al tramonto vado a vedere il caratteristico cambio della guardia davanti alla Tomba del Milite Ignoto che è davanti al Palazzo del Parlamento che è in piazza Syntagma che è all’inizio di via Ermou. Il cambio avviene ogni ora ed è oggettivamente buffo, anche per il costume delle guardie con la calzamaglia e le scarpe con il pompon. Dura una decina di minuti, uno spettacolo lento per le movenze coreografiche delle guardie che vorrei sapere quanto siano contente di prestare servizio. Al buio poi si crea un gioco di ombre che rende il rito ancora più particolare. In piazza Syntagma nel frattempo, attraversando la strada, si svolge una toccante manifestazione pro-Ucraina con un migliaio di partecipanti, molti con gli occhi lucidi. Decido di cenare nei pressi del mio alloggio, così poi posso andare direttamente a dormire senza perdermi, tra un giro e l’altro si è fatto tardi e sono stanco. Il Garmin che ho al polso in due giorni ha vibrato non so quante volte per segnalarmi l’obiettivo raggiunto, in termini di chilometri percorsi. Sa pure lui che mi piace camminare. Il ristorante, tipico, si chiama “Pame tsipouro… pame kefeneio” che non traduco. Il personale si distingue subito per la cortesia e l’accoglienza. Prendo di nuovo il saganaki, il formaggio panato fritto, più buono di quello di ieri, e un piatto di spetzofai, salsiccia tagliata a rondelle in un sugo simile a quello della caponata, squisito. Faccio pure la scarpetta con il pane. Mi offrono pure il dolce e il proprietario, che parla un discreto italiano, a mia domanda su cosa fosse un liquore che gli avevo visto servire, me ne porta subito uno: è grappa al miele, servita fumante in un pentolino di rame, da versare ancora calda nel bicchierino. Non amo la grappa, eppure ne bevo due bicchierini e nel pentolino ce ne sono almeno altri due. Il conto è davvero basso, lascio una buona mancia. Ho notato che molti locali, sicuramente tutti quelli in cui mi sono fermato e sono in pieno centro, non usano mezzucci per scroccare un euro in più ai turisti, tipo far pagare il coperto o l’acqua. Forse sono stato fortunato io, sia qui che nel posto di ieri non ho pagato nemmeno il pane.
Da Noel, l’ingresso è pieno di gente che beve e chiacchiera. Con le luci e la musica alta, oltre alle scenografie, sembra di partecipare ad un evento. Se pure volessi restare per un drink, non ci sarebbe posto. Apro la mia porta e salgo al terzo piano per andare a nanna.
Gli altri giorni:
Atene 1/4
Atene 3/4
Atene 4/4































Se vuoi…