Con gli spicci avanzati dal budget del matrimonio di Bezos, Amazon ha deciso di continuare a rallegrarci l’estate con questa perla, con l’unico risultato di farci spegnere lo schermo e fuggire in spiaggia nonostante il caldo torrido e i costi proibitivi degli stabilimenti. Uscito da un paio di settimane su Prime Video, War of the worlds, ennesimo adattamento del romanzo di H.G. Wells, è un film indecente, privo di significato e di un livello talmente basso da qualsiasi punto di vista (tecnico, scenografico, emotivo) da perdere il confronto con la maggior parte dei B-movie prodotti da quando esiste il cinema. Premetto che l’ho visto, a volte accelerando il player a 2x, a volte saltando intere scene, solo per le recensioni massacranti e dissacranti sparse ormai un po’ ovunque per il web. Mi sono divertito solo a leggerle, non potevo perdermi un capolavoro del genere e sono andato a cercarlo.

La storia si svolge, tutta, dalla scrivania del protagonista, un funzionario governativo che si occupa di sicurezza e monitora costantemente le persone (un singolo uomo per milioni di abitanti, certo) tramite telecamere di sorveglianza, cellulari, satelliti, droni e ogni tipo di giocattolo tecnologico facente parte delle nostre vite. Il suo non è solo un lavoro ma una vera e propria ossessione, al punto che anche a titolo personale lo si vede sempre aggiornato sullo stato dei figli, in particolare della figlia incinta: localizzazione in tempo reale, parametri della dieta (tramite la telecamera nel frigorifero), contatti Whatsapp, battito cardiaco. L’intero film è un continuo spostarsi dal suo monitor alla sua faccia ripresa dalla webcam, tra finestre sullo schermo, pop-up, chat, videochiamate, codici di programmazione. Quando strani meteoriti si abbattono sulla Terra, i suoi clic diventano ossessivo-compulsivi, eppure non fa una piega, rimane calmo come se stesse giocando ad un videogame e, con i suoi potenti mezzi, comodamente seduto sulla poltrona, salva il mondo. Inizia salvando la figlia da quelli che sappiamo non essere meteoriti ma alieni venuti per conquistare il pianeta: lei ferita, col pancione, mantiene imperterrita un ottimo collegamento video tra le macerie mentre lui le indica una Tesla su cui salire parcheggiata lì accanto, che nel frattempo ha aperto da remoto e su cui ha impostato l’autoguida per fuggire. Poi, non si sa in base a quale intuizione, capisce che gli invasori hanno un piano: attaccano i server dei data center perché si nutrono… di dati! E lui, quando se ne accorge, vede sparire proprio in quell’istante le sue foto da Facebook. Finalmente si scuote: OK milioni di morti, le foto però non si toccano. Nel giro di tre minuti, scopre così che suo figlio è un noto hacker, che il governo gli ha nascosto la verità (sai che novità) e che tramite un virus informatico è possibile infettare i dati di cui gli alieni si stanno ingozzando. Ad alleggerire la tensione inesistente del racconto, ci si mette Amazon bombardandoci di pubblicità proprio all’interno della trama: il genero, corriere Amazon con tanto di divisa Amazon e furgone Amazon pieno di pacchi Amazon, raggiunge la fidanzata incinta scappata con la Tesla. Le blocca un’emorragia con il favoloso nastro da imballaggio Amazon e, non contento, guida un drone Amazon per le consegne al fine di recapitare al suocero protagonista, che nel frattempo si è alzato dalla sedia, una preziosa chiavetta USB. Il tizio, tra le tante scoperte, ha capito che nel palazzo governativo dove lavora è conservato il software responsabile della guerra dei mondi. Un programma che il governo nascondeva da anni e che solo ora, non si sa perché, ha attivato, richiamando gli invasori dall’altro lato della galassia. Per raggiungere il server, si reca quindi nei piani interrati, fino ad un attimo prima irraggiungibili, perché il sistema di sicurezza aveva chiuso tutti gli accessi, impedendogli di uscire dalla stanza. Cioè lui ha hackerato qualsiasi cosa, si è ripreso le credenziali che il governo nel frattempo gli ha tolto, ha sparato il virus agli alieni… ma non era riuscito a sbloccare la porta a vetri dell’ufficio. Trovata la stanza, con la chiavetta USB che inserisce a casaccio in una ciabatta, sconfigge gli invasori. Supportato, va detto: dal figlio che, controllato 24 ore su 24, non aveva capito fosse un hacker; dalla figlia biologa incinta che, invece di morire dissanguata come sembrava, si riprende subito e gli fornisce in quattro e quattr’otto un codice per neutralizzare il nemico; il genero, corriere Amazon, che con un visore 3D, comanda il drone tra alieni e raggi laser, riuscendo a consegnare in orario la chiavetta; l’amica e collega che doveva essere morta e invece no. Vogliamo parlare dei dialoghi da cartone animato per bambini? Oppure delle citazioni senza senso infilate “ad minchiam” (tipo quella di War Games)? Oppure degli effetti speciali fatti con Paint? Potrei continuare per ore a raccontare le cazzate e le incongruenze di quest’opera, è uno spasso. OK, solo per me, immagino non lo sia per chi leggerà questo post. Se si fossero presi meno sul serio, avrebbero potuto farne un film demenziale di successo. Così invece è soltanto una cagata pazzesca.




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