Dopo l’opera – e che opera, l’Aida – mi avventuro in un altro territorio inesplorato, che è quello del balletto, andando a vedere La Bayadère al Teatro dell’Opera di Roma. Ora, con il mio misero curriculum non è che io sia in grado di esprimere un parere competente sullo spettacolo, forse però riesco a descriverne l’emozione. Innanzitutto il teatro, pieno, ma anche vuoto, è già uno spettacolo di suo per il fascino insito di un tempo passato capace di rinnovarsi ogni volta che si accendono le luci. L’orchestra l’avevo sotto di me, nella buca, potevo quasi toccarla, così vicina che mi sono sentito in dovere di muovermi poco e parlare ancora meno per non infastidire nessuno, soprattutto il direttore che sembrava percepire qualsiasi suono perfino dalla piccionaia. Nell’ultimo atto ho guardato più lui che il palco perché nel frattempo ho scoperto, dal profondo della mia solita ignoranza, che con quella bacchetta da mago, come in effetti è, guida e coordina musiche e danze. Tutti gli elementi dell’orchestra lo guardano costantemente e seguono le sue indicazioni, non solo lo spartito. In certi momenti mi è parso che ricambiasse i miei sguardi per darmi il ritmo giusto per respirare. Non a caso, più di ogni altra cosa a me piace l’atmosfera che si respira a teatro, quindi ben venga che qualcuno mi insegni a farlo bene. Lui o la persona cara e competente che mi ha offerto di nuovo la possibilità di godermi questa esperienza.
Poi, il balletto vero e proprio. Il balconcino su cui mi trovavo era adiacente al palco, più volte ho incrociato lo sguardo dei ballerini. Una vista laterale e stimolante che mi ha fatto sentire non uno spettatore ma parte attiva della vitalità del teatro. Il corpo di ballo includeva anche alcune giovanissime e felicissime allieve del teatro stesso. Gli unici esterni erano due primi ballerini (o étoiles, devo ancora capire la differenza): il protagonista maschile in particolare è stato formidabile e questo non l’ho detto io che pure avevo notato una grande presenza scenica. E brava la sua innamorata che, tra le tante cose, mi ha colpito per una serie ripetuta di saltelli sulla punta di un solo piede senza mai perdere né l’equilibrio né il tempo, roba da rompersi un tendine. Chissà che se c’è un nome tecnico per definire questo passo, a me ha fatto male il polpaccio solo a vederlo. Molto bella la coreografia finale (l’apoteosi?) con le ballerine tutte insieme e molto divertenti, al punto da tamburellare con le dita, gli allegri e gli allegretti (se li ho bene identificati), che sono andato a cercarmi a casa per riascoltarli come fossero ormai famigliari. A letto ho quasi finito di leggere il libretto dello spettacolo e mi sono addormentato con il direttore d’orchestra che batteva il tempo per non farmi russare.

Una sera con La Bayadère
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Commenti
2 risposte a “Una sera con La Bayadère”
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Eri talmente attaccato al palco che potevi scendere anche tu e unirti al balletto.
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Ah ah! Avrei potuto fare il cespuglio…
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