Hannibal

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Hannibal Lecter è un personaggio di successo, tanto conosciuto e al tempo stesso spaventoso che è uscito dai libri per finire al cinema e in TV. Io stesso ho una favolosa t-shirt con impressi il simbolo di una cucina e la scritta “Lecter Restaurant”. Anthony Hopkins gli ha dato un volto che lo ha reso famoso mentre questa vecchia serie su Prime Video ne racconta le marachelle da giovane, prima dei fatti de “Il silenzio degli innocenti”. Il dottor Lecter, oltre ad essere un serial killer abile, infallibile e cannibale, è un fenomeno: ex chirurgo, ora psicologo, molto benestante, disegna come Giotto, suona divinamente diversi strumenti, conosce arte e letteratura come pochi, è belloccio e sa usare bene arti marziali e coltelli per combattere. Sono sicuro che è anche un campione di padel. Ah, è soprattutto uno chef raffinato, cuoco eccezionale delle proprie vittime che serve agli invitati delle sue cenette succulente. La serie lo rappresenta così ed è impossibile non fare il tifo per lui quando decide di ammazzare e cucinare qualcuno. Gli omicidi, suoi e dei numerosi pazzi assassini che si alternano nel corso delle tre stagioni, sono sempre così cruenti e sanguinosi che non fanno nemmeno impressione, troppo inverosimili. Impressionanti sono invece gli altri personaggi che, in trentanove episodi, si contano sulla punta delle dita e a turno subiscono accuse e tentativi di omicidio senza arrivare mai a sospettare di Hannibal. Tutte le scene, e dico tutte, si svolgono in un’atmosfera onirica e cupa, con dialoghi di carattere filosofico, visioni e distorsioni della realtà a volte decisamente pallose. Sono meglio le scene violente, che almeno offrono un po’ di vitalità, anche se ci scappa il morto. Ciò nonostante la serie si fa seguire o almeno io, una puntata per volta nelle pause pranzo, sono riuscito a seguirla e finirla in un mesetto. Che poi non sia mai riuscito a mangiare è un altro discorso.

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