
Il titolo è un riferimento ad una poesia di William Blake (The Tyger) che non sto ad analizzare, il contenuto è un memoriale, a tratti agghiacciante, che racconta senza mezzi termini gli abusi sessuali che l’autrice ha subìto da bambina da parte del patrigno, in un viaggio nell’abisso da cui probabilmente non è mai uscita, nonostante sia cresciuta sana e oggi abbia una vita felice. Neige e la sorella, negli anni ’90, vivono in un casale isolato delle Alpi francesi, con la madre e il suo compagno più giovane, un uomo autoritario con la mania del controllo. Gli abusi iniziano intorno ai 7-8 anni e, nel silenzio più totale, durano fino ai 12-14: Neige ricorda ogni dettaglio delle violenze ma, a causa del trauma, fatica a collocare gli episodi nel tempo. Il calvario si protrae tra le minacce e la paura che lo stesso trattamento possa essere riservato alla sorella. La madre non si accorge di nulla. Nessuno percepisce il disagio della bambina. A 19 anni, lasciata già da qualche tempo la casa degli orrori per studiare in città, Neige denuncia il patrigno, il quale non nega nulla. Viene condannato a nove anni di carcere, ne sconta due e tuttora vive felicemente con una nuova famiglia. La madre, che inizialmente non accetta la verità, resta un anno con l’uomo, prima di lasciarlo. Il dramma viene descritto senza omettere nemmeno i particolari più crudi, ma soprattutto senza pathos né autocommiserazione. Il racconto è sincero, diretto, brutale e non si ferma ai fatti, cerca anzi di contestualizzare i comportamenti di lei e del patrigno, con una lucidità imbarazzante. Non c’è perdono, non c’è rabbia, non ci sono sensi di colpa né sentimenti che emergono con prepotenza rispetto agli altri. Il pugno nello stomaco che si avverte leggendo il libro però sì che emerge ed è il risultato di ogni respiro della bambina prima e della donna poi, un grido che ancora adesso non riesce del tutto a fare rumore ma fa abbastanza male da rendersi necessario.
Neige Sinno – Triste tigre





Scrivi una risposta a Nemesys Cancella risposta