
Le recensioni entusiastiche che ho visto in giro mi hanno convinto a leggere questo romanzo, descritto come disturbante, claustrofobico e violento, incentrato sulla figura aberrante di un prete sociopatico, nonché pedofilo e assassino. Nonostante sia scritto molto bene, tuttavia non ho avvertito né turbamento né originalità ma ho finito di leggerlo perché di fondo viene affrontato un argomento che fa davvero paura e non riguarda i pensieri malati dell’uomo o i suoi crimini, tutto sommato visti e rivisti in libri, film e serie TV, quanto piuttosto il lato oscuro della fede: cioè quella fiducia cieca e incondizionata nei principi della religione e nei suoi rappresentanti che non consente mai di metterli in discussione, qualsiasi cosa dicano o facciano. In questa storia (OK, di fantasia, ma…), due mamme devote, inserite nella comunità, credono alla verità dei loro figli abusati. Il prete nega. Nega davanti ai fedeli, ai suoi superiori, in un certo senso anche a se stesso. E tutti gli credono. Perché un sacerdote non può mentire. Le due donne vengono così allontanate e scomunicate. Ecco cosa mi ha fatto paura. Perché, a vari livelli e in situazioni molto ma molto più leggere e superficiali, succede. E non so tra le tante depravazioni del protagonista, quanti lettori, tra i quattro sfigati che lo hanno letto, abbiano riflettuto su questo aspetto. L’intento dell’autore era sicuramente quello di scandalizzare, pare sia un esperto. Ci è riuscito, probabilmente. Il romanzo, però, nel complesso mi è apparso abbastanza modesto, voto due. Sufficienza piena all’autore. Eccellenza con lode al prete che, alla fine, non contento, dopo aver fatto fuori la moglie e aver messo nel mirino la figlia preadolescente, se la sfanga.
Brian Evenson – Il padre della menzogna





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