Uno, nessuno e ventitré

L’orto americano

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Ero strasicuro di aver già letto qualcosa di Pupi Avati, oltre ad aver visto buona parte dei suoi film. Mi sbagliavo. Né sul blog né su Anobii (dove tengo traccia di tutti i miei libri) né nella mia libreria di casa ho trovato traccia di suoi lavori. In particolare, fino ad un minuto fa, ero convinto di conoscere quantomeno “Il signor Diavolo” ma, leggendo la trama su Wikipedia, non mi dice niente. Vuol dire che non ho visto nemmeno il film o, più probabilmente, che la mia demenza senile (che comunque mi accompagna da quando avevo quindici anni) sta avanzando inesorabile. A meno di sorprese, che non escludo, L’orto americano è il “mio” primo romanzo di Pupi Avati. E stranamente conferma l’idea che, chissà come, mi ero fatto del suo stile: essenziale e scorrevole, è una sorta di sceneggiatura adattata nella forma a beneficio del lettore. Del resto tutti i suoi libri rappresentano la costola del relativo lungometraggio. Questo è un romanzo gotico, ambientato nel dopoguerra, che racconta di un giovane scrittore alla ricerca di una donna della quale è rimasto, più che innamorato, direi ossessionato. Infatti, l’ha incrociata soltanto una volta, per qualche minuto, per darle indicazioni stradali e da allora non l’ha più vista. Il fato, pare, lo conduce negli Stati Uniti e poi di nuovo in Italia dove eventi reali e soprannaturali gli suggeriscono che la ragazza possa essere stata vittima di un maniaco. L’assassino viene arrestato, processato e condannato a morte per l’uccisione di tre donne con macabri rituali, ma il protagonista non è convinto delle sue responsabilità, anche perché tra gli omicidi non vi è traccia della sua amata. Lui stesso inoltre ha avuto in passato problemi mentali ed è stato ricoverato in un istituto. Elementi che, in teoria, dovrebbero alimentare dubbi sulla lucidità della sua indagine e sull’attendibilità della sua narrazione. E invece no. La trama scricchiola in alcune parti e, stilisticamente, l’autore dà a volte per scontati dei passaggi che ho faticato a collegare, nonostante una struttura abbastanza scarna. O forse proprio per questo. Di base c’è una buona storia, di quelle che il regista è bravo a portare sullo schermo. Non so se si può dire altrettanto di ciò che porta tra le pagine. E vorrei potermi smentire, se solo avessi le prove di altre sue letture. Ma niente, forse sono io ad aver bisogno di un ricovero.

Pupi Avati – L’orto americano

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Commenti

6 risposte a “L’orto americano”

  1. Avatar Paola Stella

    🎀 Condivido la tua analisi del Pupi Abati scrittore: molto fantasioso, quasi macchiavellico pone il tutto su un trabiccolo ~ Comunque non male.

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    1. Avatar Topper Harley

      Mi conforta che qualcuno la pensi come me. Mi aspettavo di più ma non è male.

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  2. Avatar Antonio Gaggera

    Ho visto il film.
    Per quello che mi ricordo (la demenza senile non è tua esclusiva), mi è piaciuto, anche se alcune situazioni e coincidenze mi sono sembrate forzate. Avati è, comunque, un grande regista e glielo perdoniamo.

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    1. Avatar Topper Harley

      Per me è uno dei migliori del genere. Ho già trovato il film, lo vedrò appena possibile. Le coincidenze di cui parli sono presenti anche nel romanzo…

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  3. Avatar coulelavie

    Sinceramente, non lo considero un artista di talento, per quanto a forza di sbattersi e tentare qualcosina decente la deve pur aver fatta.

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    1. Avatar Topper Harley

      Beh, nella sua filmografia ci sono titoli davvero importanti, ma sicuramente un po’ più datati degli ultimi lavori.

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