
È la vicenda incredibile – e nemmeno tanto se si parla di legalità in Italia – di Maria Rosa e Savina Pilliu, sorelle di origine sarda emigrate in Sicilia da piccole, che hanno lottato per trent’anni contro un sistema corrotto in cui mafia, politica, burocrazia e istituzioni si sono passate la palla come una squadra affiatata, costruita per vincere. Barando. La storia si consuma a Palermo, dove le due donne abitano e gestiscono una piccola attività. Vivono in due casette, ereditate dal padre, che un costruttore senza scrupoli vuole rilevare per poter costruire un bel palazzone. Ha già convinto tutti gli altri proprietari in zona a vendere, le sorelle Pilliu invece sono irremovibili, le loro case non si toccano. Fallite le buone maniere, il tizio, che non è uno qualunque ma un imprenditore legato alla criminalità, ci prova con minacce e intimidazioni più o meno velate. Finché, grazie ad un notaio compiacente, avvia lo stesso il cantiere, sventolando atti di proprietà fasulli che gli danno il diritto di edificare. Il picco di assurdità è che il palazzo alla fine viene completato, gli appartamenti venduti, i soldi intascati. E le Pilliu costrette a trasferirsi. Seppur danneggiate, le casette sono però rimaste in piedi perché, nel frattempo, le donne hanno dato battaglia, legalmente, senza mai scoraggiarsi. La storia, tuttavia, è molto più intricata. Pif ne è venuto a conoscenza e con Marco Lillo, che in passato ne ha scritto in una delle sue inchieste, hanno pubblicato questo libro per raccontarne ogni dettaglio. In città, chiunque conosce le casette incastrate nel condominio. Si dice che perfino il presidente della Repubblica, passando da quelle parti, abbia chiesto ai suoi collaboratori come mai quelle dimore, ormai fatiscenti, non siano state abbattute. Si tratta di una voce falsa, messa in giro dagli stessi delinquenti che non sono riusciti a demolirle. Ad oggi, le case stanno ancora lì. La giustizia ha fatto il suo corso e alle sorelle è stata riconosciuta una somma per i danni subiti. Denaro che non vedranno mai, perché le persone coinvolte o sono state arrestate o non posseggono liquidità dopo che gli è stato sequestrato ogni bene. Lo Stato però ha chiesto alle donne il 3% di tasse, vale a dire parecchie migliaia di euro: il picco di assurdità si alza per raggiunge vette inimmaginabili. Una delle sorelle è morta e l’altra continua a portare avanti il negozietto di prodotti tipici sardi che, in vetrina, offre anche questo volume: i due autori le hanno donato i diritti, permettendo di pagare il debito con l’erario. Gli ulteriori ricavi serviranno, si spera, a restaurare le casette per donarle ad un’associazione antimafia.
Pif, Marco Lillo – Io posso




Scrivi una risposta a luisa zambrotta Cancella risposta