
Ogni tanto Netflix se ne esce fuori con una serie pazzesca che nemmeno pubblicizza e che scopro solo esplorando i titoli recenti. È il caso di Adolescence, quattro episodi di cui sentiremo parlare a lungo che compongono una narrazione pressoché perfetta. La trama gira intorno all’omicidio di una ragazzina, per il quale viene accusato un compagno di scuola e segue, per ogni puntata, girata magistralmente con un unico piano sequenza, la prospettiva dei diversi personaggi coinvolti attraverso dialoghi impeccabili e attori bravissimi. Attenzione però, non si tratta esattamente di un thriller, non c’è violenza e non c’è una vera e propria indagine. La storia è incentrata soprattutto sulle conseguenze terribili che l’uso distorto dei social e il bullismo possono causare nei giovanissimi, specie in assenza di genitori attenti e di istituzioni come la scuola sensibili e allineate alle problematiche di quell’età. Sceneggiatura, regia, scrittura e interpretazioni (soprattutto quella del bambino, a cui darei un Oscar) sono da manuale. Merito pure dei (non) colpi di scena, perché ci si aspetta di continuo che accada qualcosa a stravolgere il punto di vista mentre invece quel che accade lo conferma in pieno, ma sorprende ugualmente in modo scioccante. La fine del terzo episodio in tal senso fa paura. Insomma, poche scuse, è una delle serie migliori in circolazione. Assolutamente da vedere.




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