
Lo Zero Day, in informatica, è un attacco hacker che si manifesta in maniera improvvisa, mettendo KO il sistema, senza possibilità di intervento, se non a cose fatte. Questa serie Netflix inizia proprio dal giorno zero: un attacco di un solo minuto colpisce gli USA su diversi fronti, causando il blocco della corrente elettrica, delle trasmissioni e delle comunicazioni e provocando migliaia di vittime. Quindi aerei che precipitano, ospedali in tilt, semafori spenti, buio totale. Per un minuto. Agli americani, nella finzione come nella realtà, piace proprio mostrare i muscoli a seguito di un’aggressione e così viene subito creata una task force con pieni poteri affinché i colpevoli siano individuati, chiunque essi siano. Per guidare la squadra viene riesumato un ex presidente rispettato e amato, interpretato da un Robert De Niro d’annata, che fra intrighi internazionali, pressioni dell’opinione pubblica, della stampa e degli organismi politici, stato di salute dubbio e situazione famigliare complessa, cercherà di spronare tutti a dare il massimo per il bene del paese. Del resto, loro sono l’America, oh. Così, dopo aver escluso la responsabilità – guarda caso – dei russi, verso i quali si stava rischiando una pericolosa escalation, le indagini arrivano ad un punto morto. Il nemico è invisibile, pericoloso e non si riesce a capire né chi né dove sia. Perché, si scoprirà, il nemico è interno, alla faccia degli stati uniti. E per l’ex presidente è più interno di quanto possa immaginare, oltre che potente. Complotti e macchinazioni si susseguono ad un ritmo avvincente, ogni puntata trasmette tensione e suggerisce anche una riflessione sul rapporto tra tecnologia e sicurezza, sulla dipendenza dal digitale e su come la paura possa influenzare le masse, a maggior ragione se instillata a dovere. Nel complesso, si tratta davvero di una buona spy story che: uno, fa capire quanto siano contraddittori ‘sti americani e due, fa sperare che si seppelliscano da soli.




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