
Un racconto satirico, decisamente datato, che tratta della lotta nella prestigiosa libreria di St. James tra autori classici e autori moderni per l’affermazione dell’autorità in campo letterario. Così si scontrano, tra gli altri, Aristotele, Virgilio e Omero da un lato e Milton, Dryden e Wesley dall’altro, fazioni che combattono con frecce e spade, lì dove la parola dovrebbe ferire più delle armi. Tra ironia e battute, si nascondono anche citazioni e riferimenti che, per la mia ignoranza, non sempre sono riuscito a cogliere. Il racconto è del 1700 o giù di lì, motivo per cui molti dei cosiddetti moderni non li avevo mai sentiti nominare. Per me tutti gli autori di quel periodo sono già antichi. Lo stesso Jonathan Swift è antico e, se non fosse per I Viaggi di Gulliver, che comunque non ho mai letto, mi sarebbe sconosciuto. La classificazione tra antichi e moderni è infatti assolutamente relativa. Chissà dopo quanto tempo un autore contemporaneo diventa classico. Nel secolo successivo? Quando lo studiamo a scuola? Boh. Fatto sta che per noi mortali lettori sono necessari entrambi gli schieramenti. Gli antichi esistono perché i moderni ce li hanno fatti conoscere e i moderni non esisterebbero se non ci fossero stati gli antichi. Ma la cosa più importante è che tutti scrivano buoni libri, altrimenti le battaglie future le vinceranno gli editori, che ormai ci propinano ogni cosa, o peggio, le vinceranno gli pseudo-scrittori, quelli che non scrivono niente di proprio pugno e quelli che scrivono perché convinti di essere scrittori. Oggi sono un esercito e vincerebbero, sono in quantità largamente superiore. Per fortuna la qualità, finché non bruceranno tutti i libri, è ancora un’arma temibile.
Jonathan Swift – La battaglia dei libri




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