
Apple TV+ ci ha abituato a produzioni di un certo spessore e questa serie di sette puntate non è da meno, per impatto visivo, fotografia, scenografie e musiche originali, soprattutto tenendo conto che è ambientata negli anni ’60. A fare la differenza sono però le due protagoniste, Natalie Portman in primis, brava e sensuale come non l’avevo mai vista. OK, l’avrò vista forse in due film e basta. Ma qui è notevole, davvero. Interpreta una donna ebrea che, stufa di una vita agiata, piatta e sottomessa, molla tutto per dedicarsi alla sua vecchia passione per il giornalismo. L’altra protagonista è una donna di colore che si fa il mazzo per i figli, uno malato e uno attratto dalle cattive compagnie. Le vite delle due donne si intrecciano quando una bambina scompare e viene trovata morta. E morta verrà trovata anche la donna di colore. Almeno sembra. Questa svolta thriller tuttavia passa in secondo piano perché la trama, un po’ complessa, si sviluppa esclusivamente sulla caparbietà delle due signore per emergere da una condizione di inferiorità che fanno di tutto per combattere. Alla fine, mica si capisce chi ha ucciso la bambina, pare che se ne siano dimenticati. Mentre io invece ero lì a contare i minuti restanti dell’ultimo episodio sperando in una soluzione che non è arrivata: va bene la donna ebrea, va bene la donna di colore, va bene la rivalsa e tutto quanto ma mi dovete dire chi è l’assassino, porco mondo. Non fatemelo dedurre, ché io non deduco mai un tubo. E non tentate di distrarmi con Natalie Portman, non mi interessa, io pretendo la soluzione del caso. Maledetti.




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