
Durante la seconda guerra mondiale, un ufficiale inglese viene fatto prigioniero dai tedeschi ma riesce a fuggire e, anni dopo, nel comfort di casa sua, totalmente cambiato nello spirito, racconta ad un amico l’esperienza che ha vissuto e che lo induce a credere di essere stato pazzo. Questa è solo una premessa, perché tutto il romanzo è incentrato sul racconto di quell’esperienza. Il fuggitivo, in corsa verso la salvezza, viene improvvisamente folgorato da una specie di scarica elettrica e giorni dopo si risveglia nel letto di una clinica, dove viene curato con le attenzioni necessarie. Non conosce il luogo né sa quanto tempo sia passato ma scoprirà, con orrore, di trovarsi un centinaio di anni nel futuro, in un mondo in cui la Germania ha vinto la guerra e la società è profondamente cambiata. In particolare però, è recluso in una sorta di enorme tenuta governata da un feroce sovrano, in cui gli uomini di razza inferiore vengono allevati come selvaggina e utilizzati per gli scopi utili alla caccia, che siano prede o segugi. La storia è interamente improntata sugli eventi di quei giorni, senza alcun riferimento alla vita all’esterno né approfondimenti sui personaggi. Il protagonista riuscirà a scappare e a tornare a casa nella dimensione che conosceva, senza però mai capire come e quando sia finito in quell’incubo. Si tratta di un romanzo distopico e ucronico a tinte horror, niente che mi abbia davvero appassionato. Anzi, una volta capito l’andazzo, ho faticato ad arrivare alla conclusione. Passata la curiosità iniziale, il risultato è stato abbastanza pallosetto. La Germania vittoriosa è stato in sostanza solo un pretesto narrativo, privo di dettagli che sarebbe stato complicato esplicitare in duecento pagine. Più interessante forse è la post-fazione in cui vengono descritte le particolari vicissitudini, reali e documentate, del poco prolifico autore, che con quel nome poteva anche fare il mago. La lettura non è stata particolarmente impegnativa e, non essendo nemmeno troppo lunga, mi ha tenuto lì, prigioniero. Per fortuna, ne sono uscito, sano di mente.
Sarban – Il richiamo del corno




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