
Una ragazza inglese in cerca di un nuovo inizio decide di trasferirsi per qualche tempo a Parigi dal fratellastro che non vede da anni. E che non vede nemmeno stavolta perché, quando lei arriva, di lui in casa non c’è traccia. In compenso ce ne sono tante altre che lasciano presagire il peggio. L’uomo è scomparso e gli inquilini del condominio, gli unici che possono sapere qualcosa, non sembrano collaborativi. Al contrario, hanno qualcosa da nascondere. E non bevono acqua (cit.), bevono un sacco di vino. Così come il fratellastro che, si scoprirà, non era andato a vivere lì per caso. E nemmeno a morire. A differenza di quanto suggerisce la copertina, la chiave non ce l’hai solo tu, ce l’hanno tutti, soprattutto quella dell’appartamento del malcapitato. La lista dei sospetti è ristretta e, se si vuole individuare un assassino, non è difficile capire di chi possa trattarsi. Il bello di questi romanzi, tutto sommato leggeri, è però la capacità di tenere incollati alle pagine e questo nel mio caso ha funzionato, al di là delle trame e delle grane condominiali che, si sa, non lasciano scampo. Mi sarebbe piaciuto un finale meno lieto e più scioccante invece dei quattro capitoletti strettissimi in cui ogni pezzo si mette a posto per intervento divino. Ma va bene, nel complesso la storia regge e, come Olindo e Rosa, regala un importante insegnamento: non ti curare dei vicini, fatti sempre i cazzi tuoi.
Lucy Foley – L’appartamento a Parigi




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