Non ho mai letto niente di Harlan Coben ma immagino che Netflix abbia acquistato uno stock di diritti sui suoi libri visto che li usa per farci almeno una serie TV all’anno. E immagino, o almeno spero, che il libro sia in genere più interessante della sua trasposizione. Di questa sicuramente. Che a tratti è imbarazzante. Curiosa per la trama, pessima nella realizzazione. Si parla di una donna (ex capitano dell’esercito che sparava missili dall’elicottero truccata e con le unghie laccate), che indaga sulla morte del marito milionario, ucciso a colpi di pistola davanti ai suoi occhi. Il primo dei tanti colpi di scena è che, nella registrazione di una telecamera in casa, si vede il marito defunto giocare con la figlia piccola. Forse non è morto? Lei è sicura che lo sia e il motivo è chiaro. In tutto ciò, sempre a colpi di pistola, anche la sorella è stata ammazzata. E anni prima, antefatto della storia, il fratello del marito e un suo amico fraterno sono morti in circostanze misteriose. Un altro morto e mezzo viene fuori durante le indagini. L’ispettore che segue il caso sta morendo pure lui a causa di un male non bene identificato, che cura con pillole non bene identificate, prodotte dalla casa farmaceutica del marito milionario morto. C’è quindi un intrigo con morti ammazzati, morti presunti, morti che camminano, la solita potente lobby disposta a tutto per il vile denaro, il poliziotto di colore, il collega gay, la suocera perfida, il confidente sospetto, il sospettato innocente e la protagonista figa e cazzuta che non sbaglia un colpo. Una marea di cazzate e luoghi comuni in cui mancano solo le spie russe e gli alieni. Per giunta rappresentate male. Alla fine, per fortuna, muore anche lei, che pianifica di farsi ammazzare con la stessa tranquillità con cui decide dove pranzare la domenica. Mai sottotitolo fu più adatto: death follows you. Perché, dopo la visione, pure lo spettatore muore un po’ dentro.