
Nell’800, Thomas de Quincey scrive un saggio, L’assassinio come una delle belle arti, in cui cerca di trovare e descrivere il lato artistico dell’omicidio citando vari casi avvenuti nel corso della storia dell’uomo. Andando oltre il sentimento di stupore e orrore dell’atto in sé, che rappresenta la prima e più naturale sensazione umana, l’autore ne approfondisce le modalità e il senso estetico, il tutto in maniera sì cruda ma anche, se possibile, asettica e perfino ironica. Questo libretto, che scorre veloce come una coltellata, riporta uno dei casi presenti nel saggio, quello degli omicidi compiuti da tale John Williams, assassino capace di sterminare nel sangue due famiglie, compreso un neonato, in una Londra terrorizzata che nei primi dell’800 non conosceva ancora Jack lo squartatore. Difficile cogliere un briciolo di arte in tale mattanza e di ironia tra le righe. Sembrerebbe un racconto horror se non si trattasse di un fatto di cronaca vera, sicuramente troppo breve nell’esposizione per capire le finalità di de Quincey. Resta però curioso, mette paura e questo è bastato per farmelo apprezzare. Del resto siamo tutti un po’ fan di Jack lo squartatore e De Quincey, forse, è proprio qui che voleva arrivare.
Thomas de Quincey – L’assassino




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