
Il racconto più popolare di Melville, che io conoscevo solo per Moby Dick (che nemmeno ho letto), ha per protagonista non Bartleby ma il suo datore di lavoro, voce narrante e titolare di uno studio legale a Wall Street. Bartleby viene assunto come copista e svolge bene il suo lavoro, rifiutandosi però di eseguire qualsiasi altra mansione o piccolo favore richiesto dal suo principale il quale, in un crescendo di irritazione ed esasperazione, piuttosto che licenziarlo cerca in tutti i modi di trovare una spiegazione a quell’assurdo comportamento e un modo per raggiungere un punto d’incontro. Ma Bartleby, che il capo scoprirà non avere né amici né svaghi né una casa (e infatti vive segretamente nello studio), inizia pure a rifiutarsi di lavorare utilizzando sempre la medesima e ormai nota risposta “preferirei di no“. La storia si evolve in maniera triste e quasi drammatica, nonostante i toni pacati della scrittura di Melville: Bartleby fino all’ultimo continuerà a “preferire di non fare” ciò che gli viene chiesto, perfino di mangiare. Fuori dalle pagine, il suo personaggio è diventato oggetto di studio per via dei molteplici temi sociali e significati legati al suo atteggiamento. Tra l’altro il libro mi è stato regalato da una persona cara che mi ha collegato proprio a Bartleby, nonostante io mangi tutto ciò che mi viene offerto, tipo i cani. Col senno di poi, lo prendo come un complimento. Il volume contiene altri quattro racconti, di cui almeno due piuttosto interessanti e un’appendice sulla vita di Melville. Edizione molto curata che, insieme a tutto il resto, ne ha fatto davvero una piacevole lettura.
Herman Melville – Bartleby lo scrivano e altri racconti




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