
Avrò incrociato decine di volte in libreria lo sguardo inquietante della copertina di questo romanzo ma non l’ho mai preso in mano. Si è presentato sotto forma di regalo inaspettato, graditissimo come ogni volta che si ricevono libri in dono ed è stata una sorpresa nella sorpresa scoprire che parlasse di Gesù. O, meglio, scoprire che fosse proprio Gesù a parlare in qualità di voce narrante della storia, che poi è una delle storie più note di sempre, ovvero quella della sua crocifissione. In attesa della sua dipartita, a quanto pare provvisoria, un Gesù sofferente e “molto umano”, per citare Fantozzi, si lascia andare a riflessioni sui presupposti e sulle conseguenze del suo sacrificio, arrivando perfino a considerare inutile il progetto di suo padre, cioè Dio. Parla di amore, di sentimenti, di paure, delle sue azioni, delle persone che ha incrociato nel suo cammino e di quelle che hanno incrociato lui. E insomma, non è proprio convinto del destino che lo attende: pur potendo, non cambia una virgola e non rinnega nulla ma è ormai così attaccato al proprio corpo e alla sua umanità, che i suoi pensieri si avvicinano più alla vita dei comuni mortali anziché allo spirito divino. La sete del titolo rappresenta infatti la condizione che, portata all’estremo, diventa terribile e raggiunge il misticismo di cui Gesù è simbolo e che tuttavia potrebbe appartenere a qualsiasi uomo. E’ un Gesù nuovo per me, nonostante abbia letto tanti libri (ad eccezione dei Vangeli) che lo raccontano in svariati modi. Nuova per me è pure Amélie Nothomb che non escludo di leggere ancora. Di sete me ne ha fatto venire e ora, non me ne voglia Gesù, credo che andrò a farmi una birra. Il misticismo si raggiunge anche con l’alcol in corpo.
Amélie Nothomb – Sete




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