Quando qualche mese fa, a Libri Come, ho partecipato all’incontro tra Sandro Veronesi e Ian McEwan, non immaginavo che due giorni dopo avrei iniziato a leggere quest’ultimo lavoro del maestro inglese. Veronesi non me lo filo proprio eppure, quella sera, parlando del libro dopo averne letto un paio di passaggi notevoli, mi è rimasto impresso un suo commento che diceva: “è tutto così, eh”, continuando a lodarlo come una bibbia mentre baciava i piedi di McEwan. E’ riuscito a vendermelo. Lo hanno presentato come il miglior romanzo dai tempi di Espiazione, come a dire che negli ultimi vent’anni il vecchio Ian non si sia impegnato molto. Forse è vero, chissà. Ora però posso dire che Espiazione era di un altro livello. Qualche giorno fa tra l’altro, un amico che aveva iniziato a leggerlo mi ha chiesto: “è tutto così?” utilizzando le stesse identiche parole di Veronesi con significato opposto. Lezioni è un ottimo romanzo, tecnicamente ineccepibile, ma non è quel genere di lettura che si ha voglia di riprendere in ogni momento. Durante le ore della giornata in cui di solito mi piace leggere, in bagno o prima di andare a dormire o in metro, mi sono ritrovato a cercare delle scuse per rimandare (ho mal di testa, si è fatto tardi, devo andare a comprare le sigarette, anche se non fumo). Però non è che non volessi continuarlo, anzi. Probabilmente è un romanzo da gustare a piccoli sorsi, solo che non è un calice e nemmeno una bottiglia. E’ più una botte che ha bisogno di tempo per esprimere il meglio di ciò che contiene. Anche perché quella continua ricerca delle perfezione che trasuda da ogni frase dopo un po’ stanca. E stanca pure la terribile passività di Roland, il protagonista, la cui vita rappresenta esattamente quello che penso del libro: non si muove, non fa niente per farsi apprezzare pur avendo grandi qualità, aspetta che siano gli altri ad andargli incontro e, quando ciò avviene, dopo i primi attimi di entusiasmo, non succede più niente.
Ian McEwan – Lezioni




Scrivi una risposta a coulelavie Cancella risposta