Mi sveglio indolenzito per la camminata di ieri, suppongo che per spostarmi dovrò usare i mezzi, cioè l’autobus, non c’è altro. Alle 6.30 la luce entra dalla finestra, dormicchio e un paio d’ore più tardi esco senza alcun programma. Pioviggina e dopo un po’ mi accorgo di avere le mani congelate, ci sono meno di dieci gradi. Mi avvio verso il centro storico. I due o tre chilometri di distanza li percorrerei tranquillamente se capissi qual è la strada giusta. Nemmeno Maps mi aiuta. Anche ieri non è che abbia capito bene come muovermi, ho perfino scavalcato un guardrail per accorciare. Sarebbe tutto a portata di mano, o di piede in questo caso, se ci fossero più indicazioni e qualche percorso pedonale. Quindi sbaglio, non riesco a ritrovare il passaggio per il famoso ponte con l’UFO tramite cui raggiungere il centro. E allora mi arrendo e prendo un autobus che in due minuti mi lascia davanti la famosa Porta di San Michele. OK, ce l’ho fatta. Posso iniziare a scattare qualche foto. Mi imbatto nel negozio più antico della città, come dice l’insegna, una bottega che ospita un piccolo museo con merci, attrezzi, strumenti vari e registratori di cassa risalenti almeno all’inizio del secolo scorso. Anche i due proprietari, marito e moglie immagino, avranno più di cent’anni. Assaggio un cornetto tipico slovacco, mi dice la signora. Si chiama bratislavský rožok e lo fanno alle alle noci, favoloso e, se non ho capito male, ai semi di papavero che non ho mangiato. Mi rendo conto che non ho ancora fatto colazione e allora prendo un cappuccino, ottimo (e non me lo aspettavo) e una fetta di cheesecake in un locale silenzioso sulla piazza grande. Sono a metà mattinata e capisco subito che prima di stasera, in mancanza di altre mete, potrei fare il giro del centro almeno tre volte, anche perché questa pioggerella “londinese”, tipo spruzzino, è fastidiosa e non è semplice spostarsi altrove. Quindi mi rilasso, entro nei negozi di souvenir, gli unici aperti, e ci resto tutto il tempo che voglio, pure per scaldarmi le mani. Sono ben coperto ma le mani, dovendo tra l’altro usare la fotocamera, si raffreddano velocemente. Per strada si trovano diverse sculture in bronzo che la storia dice siano state sistemate per abbellire il centro e dargli vitalità dopo la fine dell’era comunista. Non mi pare abbiano funzionato granché. La statua più famosa è quella di Čumil, il guardone, un ometto che sbuca da un tombino e si gode il paesaggio. Un’altra è quella di un soldato con le braccia poggiate alla spalle di una panchina e un’altra ancora quella di un signore elegante con un cappello a cilindro in mano che pare salutare i passanti. So che ce ne sono diverse, devo solo trovarle. Ma anche no.










La Porta di San Michele è forse il monumento più rappresentativo della città insieme al castello. Lì intorno comincio a vedere un po’ di movimento, le strade si riempiono ma non tanto da diventare affollate, dato il giorno di festa e i locali chiusi. Forse preferisco così, almeno per le mie foto. Il castello di Bratislava fa un bell’effetto dal basso, la collina per raggiungerlo è a due passi, così salgo le scalinate per raggiungerlo. Non so a che secolo risalga ma quello che si vede è sicuramente restaurato e di recente. Sia il castello sia i giardini e gli spazi circostanti occupano uno spazio enorme. Non mi interessa visitare le stanze né pagare l’ingresso, mi limito a gironzolare all’esterno come fanno un po’ tutti. La vista è spettacolare, peccato che il cielo sia coperto. Il punto più alto è in linea con l’UFO che quindi non sono sicuro di voler visitare per avere una vista migliore sulla città. Al castello resto un paio d’ore, soprattutto perché nel cortile principale è stata allestita una fiera medievale con gli artigiani in costume e le botteghe dei mestieri che realizzano sul posto e vendono prodotti tipici: cinture di cuoio, oggetti in legno e ferro battuto, stoffe, zuppe di carne cucinate in pentoloni sul fuoco, vini e liquori. Mangio una bruschetta condita con non so cosa, a parte un chilo di aglio, e bevo una specie di vin brulé. Ci sono anche due falconieri, o falconiere visto che sono donne e un tizio incappucciato che gestisce una giostra antica: quattro ceste, che fungono da seggiolino per bambini, appese ad una struttura che le fa girare in tondo. Sullo sfondo, musica rock in chiave celtica, riconosco perfino i System of a down. Nel primo pomeriggio, un po’ stonato dal vino che tuttavia mi ha scaldato, mi sposto verso la Chiesa Blu e con questa le attrazioni di Bratislava sono davvero finite. Non sono nemmeno le quattro e ho visto praticamente tutto. La Chiesa Blu non è niente di particolare, una costruzione con forme tondeggianti di un colore azzurrino che sembra un gonfiabile. E’ indubbiamente originale ma non tanto da lasciare a bocca aperta. Forse forse merita una menzione il Teatro Nazionale Slovacco che, apprendo, ospita compagnie di prosa, lirica e balletto. Torno verso il centro alla ricerca di scorci, finestre, facciate che valga la pena immortalare. Oltretutto mi diverto a giocare con la fotocamera delle cui funzioni ho ancora capito ben poco. Mi capita di scambiare due chiacchiere con diverse persone, coppie di turisti e viaggiatori singoli. Entro dentro diverse chiese, per trovare calore e per riposarmi. In una di queste mi addormento letteralmente su una sedia per qualche minuto. Non so come sia stato possibile, non pensavo nemmeno di essere stanco. In un bar elegante, con grandi vetrate e arredi in legno, prendo una cioccolata e un’altra cheesecake. Ok, ho un debole per le cheesecake. E pensare che fino a qualche anno fa non ne mangiavo per niente.
Fondamentalmente, a Bratislava, non c’è un cazzo. Il centro storico merita però la giornata che gli ho dedicato. E’ palese che la città, come credo tutta la Slovacchia, sia in crescita e in via di sviluppo. I tentativi di attirare turisti e fornire servizi sono evidenti. Evidenti sono purtroppo anche i tanti negozi e le attività chiuse definitivamente e abbandonate o mai aperte. Gli autobus funzionano e sono puntualissimi, in città poi non è che ci sia un gran traffico di veicoli. Ad ogni fermata è presente una macchinetta per fare il biglietto: vanno a tempo, da trenta minuti fino a una vita. E funzionano con le monetine. Per tornare in stanza preferisco comunque ancora camminare e godermi il tramonto per riflettere sulla vita, l’universo e tutto quanto… questo è ciò che vorrei dire: in realtà non c’è nessun tramonto perché le nuvole non se ne sono andate e fa buio in tre minuti. Non ho niente su cu riflettere perché sono abbastanza contento mentre le riflessioni si fanno quando non si è sereni. E non cammino tanto perché, per una congiunzione astrale, mi ritrovo davanti ad una fermata nel momento esatto in cui passa l’autobus che mi porta verso Petržalka, dove ho la camera. Lo prendo senza avere il tempo di fare il biglietto, sperando sia festa anche per i controllori.













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