Quella seconda domanda

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Mi viene chiesto spesso perché abbia un tatuaggio dell’Africa sul braccio. Rispondo e subito scatta automaticamente una seconda domanda e cioè se ci vado ancora. Si parla dell’esperienza di volontariato che ho vissuto per anni in Burkina Faso. La seconda risposta non è un semplice no. E’ un no che sento sempre il dovere di spiegare, perché io non avrei smesso di lavorare lì se non fosse stato per i terroristi.
Al bar Le Cappuccino di Ouagadougou, la capitale, noi, come tanti altri occidentali, andavamo spesso a fare colazione quando ci fermavamo in città per scorte e rifornimenti. A gennaio 2016, poco prima che partissimo per una missione, un attentato ha causato una trentina di morti tra i clienti del bar e del vicino hotel, anch’esso frequentato da stranieri. C’era un solo italiano, un bambino di nove anni, figlio del titolare, morto insieme ad altri parenti presenti nel momento sbagliato. Un anno dopo, la scena si è ripetuta al caffè Aziz Istanbul, sempre a Ouagadougou, provocando una ventina di morti. La nostra associazione aveva già rinunciato a partire, in attesa di tempi migliori. Che non sono mai arrivati.
Il villaggio che avevamo adottato, Ziga, di cui tante volte ho scritto in questo blog, non è sulle mappe. Si trova a circa 280 chilometri dalla capitale, nei pressi di Sanaba, a ovest del paese. Raggiungerlo in tempi tranquilli era già un’odissea tra strade dissestate, Jeep malandate, caldo infernale ed imprevisti puntuali come un orologio atomico. A Ziga ho vissuto esperienze indimenticabili a partire da quella notte, la prima di tante altre, in cui ho preso una sedia e in mezzo al nulla mi sono messo a guardare le stelle. Sembra una scena da film romantico ma, senza luci che possano guastare lo spettacolo, il cielo e le stelle viste dal villaggio sono impressionanti. Ad eccezione di qualche fuocherello, luci non ne avevo nemmeno intorno, la notte era buio pesto. La corrente elettrica l’abbiamo portata noi, attraverso dei pannelli fotovoltaici utilizzati per ripristinare un presidio medico e far funzionare macchinari, quali un’incubatrice e un frigorifero. Tra le altre cose, abbiamo poi costruito una scuola di tessitura che ha creato opportunità di lavoro e competenze. Abbiamo realizzato diversi orti, dotandoli di attrezzi e strumenti utili per la coltivazione di ortaggi. Abbiamo inviato un container pieno di generi di ogni tipo, abiti, medicinali, giocattoli, materiali elettrici, edili, idraulici, ferramenta. Abbiamo organizzato borse di studio nella vicina scuola di Sanaba, svolgendo perfino lezioni di educazione sessuale e igiene. Soprattutto abbiamo trovato una seconda casa. Ogni volta che arrivavamo la gente faceva festa, a cui cercavamo di dare più enfasi attraverso una giornata in cui preparavamo pentoloni di riso da distribuire ai bambini e regalargli almeno un pasto diverso. Il riso, che compravamo a sacchi e cucinavamo più volte in pentoloni giganti, non bastava mai. I bambini non finivano mai. Anche perché la voce del nostro arrivo si diffondeva velocemente e in poco tempo, da tutte le parti, accorrevano nanerottoli sporchi e mal vestiti, a volte malati, con ciotole, sacchettini, piattini e qualsiasi oggetto potesse raccogliere una manciata di riso. Ci appoggiavamo presso l’abitazione del capo villaggio, un cortile su cui si affacciavamo diverse stanze e in cui alloggiava la sua famiglia allargata, le due mogli, i figli, i nipoti. Una delle stanze era per noi e, benché fossimo sempre almeno una decina, rappresentava un lusso. Era una delle poche costruzioni in cemento della zona, tutte le altre venivano costruite con fango, acqua e terra rossa. Non c’erano servizi ma ogni mattina ci facevano trovare due grandi bidoni pieni d’acqua per poterci lavare. L’ultimo anno prima degli attentati ci hanno fatto una sorpresa: un vero wc su cui sedersi, posizionato in un angolo ricavato all’esterno della stanza e ben nascosto da mura di mattoni.
I cosiddetti terroristi, da quanto abbiamo saputo in seguito, si sono presentati durante la stagione delle piogge. Un gruppo organizzato, con armi e mezzi per spostarsi. A Sanaba non esistevano forze dell’ordine, una specie di impiegato della polizia, che noi chiamavamo sceriffo, si occupava di ordinaria amministrazione. Gli hanno sparato in testa. C’era un meccanico che ci aiutava a riparare le Jeep o a cambiare le gomme. Gli hanno tagliato la gola. Il capo villaggio, Muadi (non ho mai capito come si scrive), è fuggito con la famiglia nella città di Dédougou. A Ziga aveva una certa autorità ed era benvoluto da tutti, possedeva terreni in cui coltivava il cotone e, rispetto al resto della popolazione, era – diciamo – benestante. Ha perso tutto, adesso lavora in una specie di minimarket. Però è vivo. Non sappiamo quanti morti ci sono stati né cosa abbia fatto o stia facendo il governo locale, ammesso che abbia i mezzi per intervenire. Sappiamo che chi ha potuto è scappato, abbandonando quel poco che possedeva e questo è solo un cenno ai dubbi sulla provenienza degli immigrati, sui barconi, sulla disperazione. La scuola di Sanaba, dove organizzavamo le lezioni e le borse di studio, è stata depredata e chiusa, come tutte le piccole attività del luogo, compreso il mercato della domenica. Non ho idea di che fine abbiano fatto le centinaia di bambini che venivano alla mensa. Così come quelli che non venivano. So che non tornerò più In Burkina Faso. L’associazione ha interrotto la propria attività, anche se formalmente esiste ancora e ha il dovere, nonché l’obbligo, di gestire ed impiegare il residuo del fondo cassa delle donazioni. Pochi spiccioli in verità, non abbiamo più potuto accettare donazioni. Eppure è rimasto il desiderio di muoverci, di intervenire, di tornare a guardare le stelle. E così, grazie alla nostra Mamma Africa, che è nata in Costa D’Avorio e conosce bene le realtà e le necessità del posto, si è presentata una nuova opportunità, un’occasione che stiamo valutando con attenzione, per rimboccarci le maniche e tornare all’opera. Anche perché mi sono stufato di rispondere no a quella seconda domanda sul tatuaggio.

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Commenti

17 risposte a “Quella seconda domanda”

  1. Avatar coulelavie

    Quello che hai fatto è molto bello e generoso. Ma ti è mai venuto in mente che tutto quello sbattimento sia il modo sbagliato per rispondere a quelle questioni? Che i veri problemi siano a monte e finché non saranno risolti quelli la tua generosità sarà solo una goccia nel mare?
    Hai mai pensato che finché esisteranno i prepotenti (a tutti i livelli) quelli come e te e me e quei poveri bambini innocenti se la prenderanno sempre in saccoccia?

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    1. Avatar Topper Harley

      Anche questa è una domanda a cui non posso rispondere con un semplice no. Senza dubbio c’è un problema grosso a monte e questo è un fatto che riguarda tutte le realtà importanti quando le cose non funzionano. Potremmo parlare di criminalità, di droga, di violenza sulle donne e di mille altri contesti. Ciò non esclude che, a livelli più bassi, non si debba/possa intervenire per dare una mano, ognuno nelle proprie possibilità. Altrimenti tutte le associazioni umanitarie non avrebbero motivo di esistere e dovremmo affidarci ai governi, che spesso fanno più danni. Nel nostro caso poi non era una goccia nel mare: in pochi anni abbiamo davvero migliorato le condizioni del villaggio e l’arrivo dei “cattivi” in quella zona, dove non c’è nulla, è un evento eccezionale, non è che hanno occupato tutto il paese. Per quanto ne so, è pure possibile che se ne siano andati da lì. A un livello più alto invece non avevamo né competenza né possibilità, l’associazione è nata per aiutare quel villaggio e nei propri limiti lo ha fatto. Soprattutto io non credo che ci siano un modo giusto e un modo sbagliato di aiutare ma solo aiutare e non aiutare, è una scelta e va bene in ogni caso, nessuno ci deve dire quali battaglie combattere.

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      1. Avatar coulelavie

        Non credi che i prepotenti e chi abusa del proprio potere andrebbe tolto di mezzo altrimenti continuerà a fare scempi sempre peggiori? Non credi che sia questa la vera battaglia, la madre di tutte le battaglie, da cui derivi a cascata tutto il resto? E non mi riferisco solo ai criminali che, al più basso livello, agiscono con armi portando devastazione dove passano, ma sopratutto mi riferisco a chi fornisce loro armi, quelli che stanno ai livelli alti?

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        1. Avatar Topper Harley

          Certamente. È una battaglia da affrontare a tutti i livelli, a partire dalle basi di cultura e rispetto. Ma questo è un tema molto più grande di una piccola associazione che sostiene un villaggio in Africa. Parliamo di lobby, di governi, di eserciti e organizzazioni criminali…

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  2. Avatar Kikkakonekka

    Enorme stima e gratitudine per chi si adopera per aiutare il prossimo, chiunque egli sia.
    Certo che il BF è diventato davvero “terra di nessuno”.
    Immagino l’amarezza nel vedere vanificato il proprio sacrificio, e vedere crollare un sogno.
    Mi spiace molto.

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    1. Avatar Topper Harley

      Il Burkina per anni è stato un paese cuscinetto, una terra che viveva in pace circondata da paesi con enormi conflitti interni, i quali hanno poi causato grandi migrazioni. Poi ci sono considerazioni importanti da fare sul governo che è cambiato e non ha trovato più certi appoggi interni ed esterni ma è un discorso lungo che non posso semplificare qui e nemmeno conosco appieno. Nel nostro piccolo sicuramente fa male aver perso in un colpo solo tutto ciò che avevamo prodotto lì, ma noi siamo a casa e non ci manca nulla, il pensiero va a tutta quella gente (bambini che avevamo adottato, famiglie che aiutavamo, amici che ormai conoscevamo bene) per la quale il peggio non ha mai fine e per la quale non potremo fare altro.

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  3. Avatar gialloesse

    Sono stravolto. Non ho parole! Dolore immenso, non commensurabile.

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      1. Avatar gialloesse

        no, perché lo credi ?

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        1. Avatar Topper Harley

          Mi è sembrato un commento eccessivo, perdonami allora. E grazie.

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  4. Avatar worldphoto12
  5. Avatar Lory
    Lory

    Senza parole….più sopra dicevi a qualcuno rispondendo che forse il suo commento ti pareva eccessivo, ma credo tu che hai vissuto tutto questo, che forse non riesci a percepire quello che gli altri recepiscono leggendoti. Anch’io sono rimasta senza parole e non sbagliavo credo quando ieri parlavo di coraggio. Hai una marcia in più, una spiritualità spiccata che in qualche modo ha spinto e guidato i tuoi passi, un senso delle situazioni che vanno al di là, probabilmente guidate da una sensibilità innata. Ho scoperto ieri il tuo blog, pian piano lo sfoglio come un diario, ogni tanto ti romperò coi commenti, ciao!

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    1. Avatar Topper Harley

      Sono io senza parole dinanzi ad un commento del genere. So di essere molto sensibile ed è anche un bel problema a volte ma, credimi, non vedo niente di speciale in quello che faccio. Anzi ho sempre l’impressione di non arrivare mai alla fine del percorso che scelgo. Esperienza come questa comunque non possono che arricchirmi, al di là di tutto il resto.
      Non sarà affatto un problema se vieni a rompere nei commenti!

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      1. Avatar Lory
        Lory

        Grazie delle parole, scusa, a volte scrivo di getto, in linea con quello che mi arriva, spero di non essere stata invadente. Le vite degli altri sono spesso un mistero e fonte di curiosità, i pensieri, le riflessioni…..sappiamo che esistono persone che come te per lavoro o per volontariato partono e fanno il tuo tipo di esperienza in zone pericolose (esistono posti in cui non ci siano ancora guerre? 🙁)
        Sono storie che vengono raccontate in tv, spesso, su qualche libro, per cui un po’ lontane per certi versi, sentirsele raccontare su un blog è ben diverso . Sentimenti, emozioni rivivono grazie alla tua ‘penna’ e sono talmente diverse e forti queste esperienze lontane dal nostro quotidiano, e’ facile rimanere senza parole. Ognuno di noi si ritrova a chiacchierare con sé e a dirsi “che coraggio!”, ‘vorrei farlo anch’io!’ “non lo farei mai”…..questo è.
        Chapeau, un’esperienza che di certo arricchisce, l’impossibilità a cambiare la realtà invece può destabilizzare, ma è giusto non rimanere immobili. Quanta ingiustizia in questa vita ahimè.

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        1. Avatar Topper Harley

          Non devi scusarti, apprezzo molto quello che mi scrivi. Ed è vero, quello che si legge sui nostri blog fa un effetto diverso. Non dobbiamo vendere né ci interessano i follower, si scrive per il piacere di farlo e di condividere i propri pensieri, motivo per cui in generale si è più sinceri e genuini, a prescindere dalle esperienze. Poi capitano conversazioni come questa, con persone interessanti e disinteressate, e ci si arricchisce anche di quelle.

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