Zerocalcare torna in Mesopotamia dopo l’esperienza toccante raccontata in Kobane Calling. Questa volta prova a dar voce attraverso la propria opera agli Ezidi, popolazione che (soprav)vive a Shengal in Iraq, schiacciata tra le cellule ancora attive dell’ISIS e i governi di Iraq e Turchia, tutti intenti a soffocarne gli ideali di indipendenza sviluppati sul modello eccezionale del Confederalismo Democratico del PKK (l’unica organizzazione che gli ha dato aiuto nel 2014 quando l’ISIS, allora in piena espansione, ha compiuto lì uno sterminio). Nei pochi giorni del reportage, Zerocalcare ha fotografato la situazione attuale, le difficoltà, i ricordi dei massacri, gli sguardi, la forza di andare avanti e non mollare, mettendoci dentro il solito sarcasmo e tanto sentimento. Scene emblematiche strappano quasi una lacrimuccia, alcune per empatia, altre per ironia. La determinazione con cui gli Ezidi combattono o, meglio, si difendono da una guerra che forse non avrà mai fine fa venir voglia di unirsi a loro e, in ogni caso, di sostenerli, anche solo parlandone in giro. Il fumetto non mi è parso potente come Kobane Calling ma, se l’intento di Zerocalcare era quello di informare e far conoscere il contesto in cui si trova quel popolo, penso che ci sia riuscito in pieno. Almeno con me che, curioso come sono, finito il libro, ho deciso oggi stesso di andare ad incontrarlo presso il centro socio-culturale curdo a Roma, dove era previsto un evento sul tema. Ho bevuto il chai, ho potuto approfondire la storia dei curdi, del PKK e del suo fondatore Öcalan, detenuto in Turchia da oltre vent’anni, ho preso la “piccola guida per non sentirsi smarriti se si parla del PKK o Öcalan” disegnata dallo stesso Zerocalcare e sono tornato a casa con una maglietta dal Kurdistan, una spilletta dell’HPG, i disegnetti su libro e agendina e soprattutto una grandissima lezione di umanità. Che non terminerà qui.
Zerocalcare – No sleep till Shengal




Se vuoi…