Romanzo sudcoreano che, nonostante la scrittura efficace dell’autrice, mi ha lasciato un retrogusto dolce e amaro al tempo stesso. E’ la storia di una donna ordinaria, molto ordinaria, che in seguito ad un sogno piuttosto crudo decide di smettere di mangiare carne, provocando reazioni contrastanti tra i familiari. La situazione si aggrava quando si capisce che la sua decisione va oltre l’essere vegetariana, oltre l’essere umana addirittura, poiché raggiunge uno stato di follia tale da rifiutare totalmente il cibo, nella convinzione di poter vivere come un albero. Vegetale, più che vegetariana. Nel vortice di questa “schizofrenia catatonica”, coma la definirà un medico, cadranno il marito, la sorella e il cognato, voci narranti di ogni capitolo, attraverso vicissitudini che cambieranno la vita di tutta la famiglia. Il racconto è ben strutturato, la lettura scorre con gusto – un misto di curiosità e poesia – e fa venire fame di qualcosa di indefinito, qualcosa che alla fine io non ho trovato. Vengono toccati diversi temi (le convenzioni sociali, la posizione della donna, la figura maschile predominante, l’erotismo, la pazzia) ma io questo sentimento autodistruttivo che circonda i personaggi (protagonista a parte, che è matta e vabbè) non l’ho capito. Forse è una questione culturale, forse mi manca un certo tipo di sensibilità o forse, semplicemente, pur essendoci molto vicino, non sono un vero vegetariano.
Han Kang – La vegetariana
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