I coreani ci stanno prendendo gusto: già il loro cinema da anni è degno di nota, adesso spuntano serie TV come funghi e alcune, vedi Squid Game, riscuotono anche successo. Netflix ci riprova con The silent sea, fantascienza mista a thriller che scopiazza in più parti Alien ma senza Alien: i mostri qui sono gli umani privi di scrupoli, capaci delle peggiori azioni per raggiungere i propri interessi nella ricerca spasmodica del bene più prezioso, l’acqua, ormai quasi scomparsa sulla Terra. Un equipaggio con varie competenze viene inviato in missione sulla Luna per recuperare da una base spaziale dei campioni dei quali non si conosce l’origine e che creeranno non pochi problemi. Le prime puntate, nonostante la recitazione che è pur sempre asiatica, sono – oserei dire – avvincenti perché lasciano in sospeso diversi misteri. Come spesso accade però, man mano che si va avanti, la storia perde incisività e le scene superflue si sprecano, senza parlare delle castronerie inspiegabili, tipo – SPOILER – la protagonista che, infettata, non muore solo perché è la protagonista. Tra l’altro, sarà colpa mia ma gli uomini della squadra, con gli stessi occhi mandorlati e le stesse tute, mi sono sembrati praticamente tutti uguali e la cosa mi ha fatto perdere qualche dettaglio importante, alla fine non distinguevo i buoni dai cattivi. Nel complesso tuttavia non è una brutta serie per gli amanti del genere come me, l’importante è seguirla degustando magari un bicchiere di vino o di birra, evitare l’acqua.

The silent sea
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Commenti
14 risposte a “The silent sea”
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Alien è un cult, ma tra i film di Ridley Scott preferisco di gran lunga quest’altro: https://wwayne.wordpress.com/2021/12/16/inseguire-i-propri-sogni-2/
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House of Gucci l’ho visto al cinema la settimana scorsa. Si vede l’impronta del regista ed è un gran film ma Alien, non solo per il genere che apprezzo particolarmente, sta letteralmente su un altro pianeta. Poi è chiaro che si tratta di gusti personali.
Chi erano i Gucci che conoscevi? A quanto pare gli è rimasto solo il nome…"Mi piace""Mi piace"
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Dei Gucci che conoscevo 2 erano legati a Paolo (interpretato nel film da Jared Leto) e uno a Roberto (che nel film non è stato neanche menzionato). Tra l’altro la caratterizzazione di Paolo (fastidiosamente e offensivamente caricaturale) è l’unica cosa che non mi è piaciuta di House of Gucci: non l’ho conosciuto personalmente, ma i suoi discendenti sono entrambi intelligentissimi, quindi figurati se lui poteva essere davvero un bischero sciolto come l’hanno dipinto nel film. Grazie mille per la chiacchierata, “spalmata” su ben 2 post e piacevole come sempre! 🙂
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Non c’è bisogno di ringraziare. Il blog mi piace per questo, è rimasto “pulito” rispetto a molti altri social. Non so com’era Paolo Gucci ma, curioso come sono, sono andato a cercarne la biografia. Effettivamente nel film è stato dipinto male ma, essendo morto in povertà e con tutti gli errori che ha fatto, non posso pensare che fosse arguto come gli altri Gucci. Ma nemmeno giudico, per carità.
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E’ morto in povertà perché aveva le mani bucate. Esattamente come Maurizio, che infatti venne fatto fuori dall’azienda dagli altri soci della Gucci proprio perché aveva il vizietto di usare i profitti dell’azienda per delle spese personali assolutamente esagerate e del tutto superflue. Questo nel film viene spiegato molto bene, così come altri punti fondamentali della sua storia (la sua scalata al potere all’interno dell’azienda, il tentativo di Paolo di fare la stessa cosa, la contrarietà della famiglia alla relazione tra Maurizio e Patrizia e ovviamente il punto fondamentale della vicenda, ovvero la demenziale decisione di quest’ultima di affidarsi a una cartomante e a degli scappati di casa per far uccidere il marito).
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Sì, il film ho constatato poi, cercando informazioni, che racconta la verità, c’è poco di inventato.
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Può sembrare una cosa scontata, ma ho visto tanti film spiegare male anche delle vicende semplici o stravolgerle da capo a piedi: lo sceneggiatore di House of Gucci invece, pur essendo al debutto assoluto, è riuscito a spiegare bene tante vicende complesse, e da professore ti assicuro che non è affatto semplice.
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Apprendo che sei un professore 🙂
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E’ da tantissimo tempo che faccio questo lavoro e che commento il tuo blog, quindi è strano che non fosse mai emerso. Buon 2022! 🙂
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Vero, ci “conosciamo” da anni ma a livello personale conosco molto poco dei blogger amici… Iniziamo bene l’anno allora!
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Sono una consumatrice seriale di kdrama da un paio anni, e quando intendo consumatrice seriale intendo “dipendente”.
Mi sono addirittura abbonata a viki ratuken e da lì è iniziata la mia discesa all’inferno ❤ perchè parti da loro e i kdrama, poi ci sono i dorama, i cdrama e i lakorn (senza parlare dei bl).
Ormai il 98% di quello che guardo ha gli occhi a mandorla.
Un tunnel!
Ma un bel tunnel, lo sto arredando."Mi piace"Piace a 1 persona
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Wow! Io non so nemmeno cosa sia tutta quella roba.. Posso solo intuire che si tratta di tipologie di serie TV asiatiche, ma sono davvero così interessanti? Spero siano doppiate poi… In ogni caso, complimenti!
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Ti rispondo anche qui 😉 mi sembra di far quelle partite a scacchi di star trek, con la scacchiera su più livelli (commenti sparsi su più piattaforme 😀 )
Come già detto zero doppiature, solo sottotitoli italiani, ma ormai anche se lo fossero li ascolterei in lingua originale. Ho amato da subito il suono della lingua coreana (e quella giapponese) e con il tempo anche quella cinese e quella tailandese.
I kdrama per me sono estremamente interessanti, mi danno la possibilità di un un punto di vista non occidentale. Un modo di vedere la vita e i risvolti con occhi diversi. Tramite loro ho avuto conferma che il giusto e sbagliato (con un margine dell’1% di riserva, ci sono cose che sono giuste e sbagliate per me e me le tengo così 😛 ) è un concetto momentaneo e aleatorio.
The silent sea l’ho visto, ma non è troppo americanizzato. Cercano di aprirsi di più al grosso pubblico occidentale, lo capisco… il cash è cash, ma nel farlo hanno perso qualcosa che li rende unici (ai miei occhi). Poco male io continuo a vedermi le serie loro che sono più coreane e meno americanizzate su una piattaforma dedicata all’asia (viki rakuten).
Devo dire però che netflix, ultimamente, ha iniziato a metter su tante cose asiatiche (coreane, giapponesi, cinesi e tailandesi) che sono ottime.PS:leggenda che delle parole che ti ho scritto sull’altro piano della scacchiera:
Kdrama = drama coreani
Dorama = drama giapponesi
Cdrama = drama cinesi
Lakorn = drama tailandesi
BL = drama boys love"Mi piace"Piace a 1 persona
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Mi hai aperto un mondo. Come ti dicevo, guardo film di qualsiasi provenienza se interessanti e la Corea era già da anni nel mio cuore con Chan-wook Park (Old boy è un capolavoro). Ora ho scoperto pure le serie e non mi faccio problemi a seguirle. A me interessa innanzitutto il soggetto, la trama, poi guardo di tutto e ti potrei citare anche serie deludenti. Netflix comunque è aperta a tutto e questo è un bene, qualche anno fa ci sognavamo di serie di questo tipo.
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