Se il Pinocchio di Collodi, nonostante la malinconia e la sfiga, va incontro ad un lieto fine che è forse più l’aver ritrovato Geppetto rispetto all’esser diventato un bambino vero, in questa storia reinventata ed infinitamente triste di Stassi, il protagonista raggiunge l’apice della felicità all’inizio dei fatti, quando da un ceppo di legno inutile e di nessun valore, fa nascere la creatura con cui vorrebbe evadere dalla realtà e girare il mondo. La favola di Pinocchio, benché scritta oltre cent’anni prima, potrebbe tranquillamente essere stata ricavata da questo romanzo in cui l’autore ne ripercorre le avventure dal punto di vista di Geppetto, eliminando il lato fantastico e le metafore rappresentate dai vari personaggi di Collodi attraverso una versione verosimile di quella che tutti conosciamo. Geppetto è un vecchio poverissimo, solo e matto che troverà forza e conforto e, purtroppo, delusioni continue solo nella ricerca del suo burattino perduto e non sarà la sfortuna a remargli contro, bensì la cattiveria dell’uomo. Non ci sono fatine né miracoli qui e soltanto nelle speranze di chi legge e di chi scrive, nelle ultimissime pagine, si può intravedere la salvezza. Per il resto si tratta di un romanzo bello e gelido, originale e toccante: Pinocchio mi stava sulle palle, Geppetto l’ho amato.
Fabio Stassi – Mastro Geppetto
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