Pelé good, Maradona better, George Best. Uno che si chiama Best e che nasce con un talento innato per calciare la palla non poteva passare inosservato nella storia. Il personaggio, più dello sportivo, mi ha sempre incuriosito e questa biografia (forse la migliore tra le innumerevoli che sono state scritte) ne racconta, con una precisione così maniacale da infastidire, l’ascesa e la discesa, senza esimersi dal criticarne gli eccessi che lo hanno portato alla rovina. Best è stato un fenomeno, il primo calciatore che ha scatenato la folla oltre confine e fuori dal campo da gioco, in un tempo in cui non esistevano i social e la copertura televisiva era scarsa. Ha avuto una vita esagerata: inseguito dai soldi e dagli sponsor, dagli avversari e dagli allenatori, dai tifosi e dalle donne, ha trovato rifugio nell’alcol e non ne è uscito fino alla morte a nemmeno sessant’anni.
La biografia sembra un mattone, è invece entusiasmante. Superata la metà delle pagine, aveva già raccontato tutto, persino la scomparsa di Best e ho temuto quindi che il resto del volume sarebbe stato un’odissea. Mi sbagliavo: dalla postfazione in poi è un susseguirsi di aneddoti curiosi dell’autore relativi alla scrittura del testo, ringraziamenti, cifre, partite, gol, numeri e qualche foto. Insomma, si può anche saltare, come Best faceva con i difensori e i problemi.
Duncan Hamilton – George Best, l’immortale
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