Primi passi a Vilnius

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Roma. Sveglia alle quattro. Freddo fuori. Volo tranquillo, dormo poco. Leggo Don Winslow, affascinante. La ragazza della Hertz lo è di più, mi avevano detto che qui le donne sono bellissime. Ho preso a noleggio una Peugeot 208. Ho qualche difficoltà ad arrivare all’ostello. Paesaggi da film russo.

L’ostello è carino, ordinato e pulito. Letto in camera da quattro. Gentilissimi gli host. Lui è un omone di nome “Linus”, cioè così ho capito e così lo chiamo. Mi ha dato pure il telecomando per aprire il cancello del piccolo parcheggio, non era previsto. Mi suggerisce un locale georgiano in cui mangiare chačapuri (una specie di pane-pizza tipico della Georgia), che è anche il nome del posto, proprio sotto l’ostello. Prendo un chačapuri grande al salmone (Oragulit), un dolce alla crema e una birra georgiana in bottiglia, per la modica cifra di 11,80 euro.

Faccio due passi ma piove. Non fa freddo. Vedo un edificio che scopro essere un mercato (Halės Turgus), entro e scatto un po’ di foto: cibo, abbigliamento, oggettistica, un macellaio all’opera. Compro quattro bei fumetti con copertina rigida più un libro fotografico di Laure Manaudou a 0,30 euro l’uno… totale 1,50 euro! Peccato siano in francese. Torno in ostello per riposare un po’ e si fa buio. Non dormo, pioviggina.

Mi metto in moto e cammino verso Užupis. Prima di arrivarci, sul vialone della Old Town mi incuriosisce una chiesa dove entro e trovo il buio. L’ambiente è piccolo: in un angolo, tre signore intorno all’unica fonte di luce ripetono in continuazione una specie di sermone un po’ inquietante. Davanti a me ho una specie di porta con un’insegna enorme rossa che prende tutta l’arcata e dà un tono di maestosità a quell’ingresso per chissà dove. L’inferno?

Užupis non è distante ma non trovo una zona che posso definire “centrale”. Seguo una via che mi porta ad un pub carino in cui, dopo diversi tentennamenti, mi decido ad entrare. Non me ne pento, passo lì tutta la serata fra birre (tre) e una specie di pancake al formaggio che credo sia un piatto tipico lituano. Il locale sembra un disegno all’esterno, dentro è piccolo e accogliente. Torno facilmente all’ostello. Per strada prendo un panino merdoso presso uno di quei minimarket che pare non chiudano mai. In camera i letti sono occupati, qualcuno russa troppo, uso i tappi e crollo.

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