Chi ha mai sentito parlare del fascino dello sfigato? Non quello latino, quello del misterioso o quello dell’intellettuale, sto parlando proprio del fascino dello sfigato. Ecco, io ce l’ho.
Nemmeno quando avevo vent’anni mi trovavo tutte queste donne intorno. Basta che si venga a sapere che la mia ragazza mi ha lasciato che subito mi ritrovo a dovermi dividere in quattro per parlare con altrettante benintenzionate disposte ad ascoltarmi e consolarmi: la bocca parla con una, la mente con un altra, gli occhi con una terza, il corpo con una quarta. Il cuore però continua a parlare da solo.
Potrebbe sembrare una bella situazione, invece non lo è affatto. Per quanti sforzi faccia per apparire simpatico, intraprendente, sicuro di sè, nulla sembra potermi sottrarre all’etichetta che mi hanno appiccicato addosso: se bevo troppo è perchè voglio dimenticare, se non mangio sono triste, se non esco mi sto isolando, se non rispondo al telefono sto piangendo, se sto zitto penso al passato. Cose per cui non posso ubriacarmi con tranquillità, devo mangiare come un leone affamato, uscire in orari impossibili, lasciare il cellulare acceso anche la notte e parlare, parlare sempre. Non mi vedono come un tipo interessante ma come uno che ha bisogno di aiuto.
Io ho bisogno di sentirmi normale, uguale agli altri e per quanto possa sembrare banale, ho bisogno di ritrovare me stesso. Sì, perchè mi sono perso per strada… l’avevo trovata quella giusta, forse. In ogni caso stavo camminando. Ora sono di nuovo fermo con lo zaino pieno di fotografie, messaggi e ricordi.
Non mi piace essere indicato col dito e diventare oggetto di compassione… riesco a spiegarmi?
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