
Curioso romanzo distopico, ambientato in un futuro lontano, in cui la Germania nazista ha creato un impero che domina il mondo insieme ai finti alleati giapponesi. In questa realtà, la storia è stata cancellata, i libri non esistono più, solo in pochi sanno leggere e scrivere perché non serve, le donne sono considerate alla stregua di animali utili solo a procreare e vivono in luoghi isolati e controllati, i cristiani sono reietti ai margini della società ed esiste un unico culto, quello di un essere soprannaturale, un Dio, che centinaia di anni prima ha dato inizio alla società odierna e risponde al nome di Hitler. L’autrice, pressocché sconosciuta, ci aveva visto lungo. Perché il libro è stato pubblicato nel 1937, prima di romanzi quali 1984 o Il racconto dell’ancella e di film e serie TV come L’uomo nell’alto castello, che si basano su aberrazioni simili, e soprattutto prima del secondo conflitto mondiale e dell’alleanza tra Germania e Giappone. In quegli anni già difficili, è riuscita a prevedere ciò che il nazismo avrebbe messo in pratica: un regime totalitario fondato sulla forza e la violenza, la selezione della razza attraverso il controllo biologico e della sessualità, la cancellazione della cultura, il revisionismo storico e il patriarcato all’ennesima potenza con l’assoluta sottomissione delle donne. Al di là della trama, che si sviluppa intorno ad un antico testo in cui sono riportate le verità storiche e che si spera verrà tramandato alle menti più aperte delle nuove generazioni, il romanzo approfondisce le cause che hanno condotto la società ad accettare lo stato delle cose, tramite i dialoghi tra i protagonisti. Ed è interessante leggere com’è iniziato il processo che anno dopo anno ha portato le donne a ridursi ad uno stato simile alla schiavitù. Chiaramente, è il punto di vista dell’autrice. Nel 1937. Ma è attualissimo.
Katharine Burdekin – La notte della svastica




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