Uno, nessuno e ventitré

Sugar

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Un Colin Farrell superlativo interpreta John Sugar, investigatore privato infallibile, in confronto al quale James Bond sembra un pivello. Appassionato di cinema, generoso, ricco, elegante, nel corso degli episodi mostra doti disumane: parla non si sa quante lingue diverse, beve come una spugna senza mai ubriacarsi, addomestica cani rabbiosi con lo sguardo, guarisce in fretta dalle ferite. Sugar è formidabile nel ritrovare le persone scomparse. Viene così ingaggiato da un noto produttore cinematografico la cui nipote è sparita e si ritrova coinvolto personalmente nel caso, nonostante una strana organizzazione, del quale lui stesso fa parte, tenti di impedirglielo. E’ un noir, pure di ottima fattura, con qualche risvolto thriller e, raccontata così, la trama resta fedele al genere. Ma, alla fine della sesta di otto puntate, un colpo di scena sensazionale, come se non ce ne fossero stati abbastanza, stravolge ogni prospettiva. Anche perché non arriva con il clamore classico della suspense né con il rullo di tamburi: ho pensato si trattasse di un sogno o di un’allucinazione del protagonista e invece no, succede proprio quel che si vede. Che è una cosa un po’ assurda, anzi decisamente assurda, eppure non cambia di una virgola l’andamento hard boiled sviluppato sino a quel momento. Il finale non è da meno, fantastico. O meglio, fantascientifico. Ancora una volta, Apple TV+ ha fatto centro. Magari ci fossero più serie con tanto azzardo e più azzardi in una serie. Magari li vedremo in una possibile seconda stagione.

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Una replica a “Sugar”

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