
Se Totò Schillaci non ci avesse lasciato la settimana scorsa, non avrei mai letto questo libro. Lo avevo comprato un paio di anni fa, prendendolo a tre euro da una bancarella su cui stava facendo la polvere, per portarlo a fare la polvere sulla mia libreria. Chissà, un giorno magari lo avrei incontrato e me lo sarei fatto autografare. Quel giorno non arriverà mai. In compenso, purtroppo, è arrivato il giorno in cui ho iniziato a leggerlo, lo stesso della sua scomparsa, lo stesso in cui ho finito di leggere un altro libro con il capoluogo siciliano sullo sfondo, La Palermo male. La Palermo da cui proviene Totò, nato in un quartiere che è l’antitesi della Palermo bene, un luogo metafisico dove è difficile vivere onestamente. Dove è difficile vivere e basta. Schillaci ne è uscito grazie al pallone e ripercorre ogni passaggio e assist ricevuto dalla sua vita in questa biografia di cui, senza dubbio, non ha scritto nemmeno una riga. Ma il ghostwriter (neanche tanto ghost, tale Andrea Mercurio) non si lascia sfuggire nulla, riporta tutti gli aneddoti che Totò ricorda, romanzandoli allo scopo di impacchettare una favola. Per enfatizzare, ci mette dentro i più tristi e noti omicidi di mafia, da Peppino Impastato a Falcone e Borsellino e, guarda caso, riesce sempre a collegarli ad un evento speciale con Totò protagonista. Eppure, invenzioni a parte, la favola è reale ed è la storia di un uomo che, cresciuto nella povertà assoluta, con i suoi gol si è riscattato, dando un minimo di lustro ad una città della quale quasi ci si vergognava di appartenere prima di Italia ’90. Insomma, mi dispiace aver letto il libro, avrei preferito lasciarlo sullo scaffale a fare la polvere.
Totò Schillaci – Il gol è tutto




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