Uno, nessuno e ventitré

I racconti delle navi morte

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Ho comprato il libro incuriosito dalla presentazione a cui ho assistito al Festival della Letteratura di Viaggio che ogni anno viene organizzato a Roma. Si tratta di una serie di dialoghi immaginari tra l’autore, uomo di mare, colto e aperto e i relitti delle navi che ha potuto ammirare, sia in superficie sia in immersione, durante i suoi viaggi in tutto il mondo. Non tutti i relitti infatti si trovano in fondo al mare. Alcuni sono ben visibili, arenati a bassa profondità, “parcheggiati” in un porto o addirittura adagiati sulla sabbia del deserto o sulla terraferma per via dei cambiamenti climatici che hanno fatto ritirare le acque nei dintorni. Ogni dialogo è un capitolo, corredato di belle foto, che ricostruisce brevemente la storia della nave e le circostanze che l’hanno portata alla morte. Qui finisce la parte interessante, per me che sono un sub e sono sempre stato affascinato dagli scheletri del mare. Ma sono anche un lettore esigente e devo purtroppo riconoscere che i testi sono scritti in modo pessimo, con punteggiatura fantasiosa, parole e concetti ripetitivi e anche l’edizione non è un granché, con svarioni notevoli nella struttura e nell’impaginazione. Soprattutto manca l’anima, quel non so che capace di invogliare a sfogliare le pagine con interesse o avidità o semplice curiosità. L’anima, quella delle navi morte, che è proprio il soggetto con cui l’autore dialoga e che il suo libro non possiede. Peccato. Non finirà in fondo al mare, perché i libri devono vivere e non morire mai (oltretutto l’ho pagato e ho la dedica dell’autore!) ma diventerà, ahimè, un relitto in fondo alla mia libreria.

Vincenzo Meleca – I racconti delle navi morte

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