
Non è esattamente un thriller e non sono propriamente appunti. E’ piuttosto la storia di un serial killer condannato a morte per l’omicidio di tre o quattro ragazze, non mi ricordo, narrata dai punti di vista dei protagonisti in diversi archi temporali. La storia parte dalla notte dei tempi, ovvero dalle esperienze di una ragazza, poi madre del piccolo killer, che lo abbandona insieme al fratellino neonato e finisce, la storia, su un lettino della stanza di un penitenziario in cui l’uomo riceve l’iniezione letale. I protagonisti sono le vittime, gli amici e i parenti delle vittime, il killer, gli amici e i parenti del killer e gli investigatori, che non hanno né amici né parenti. Un sacco di gente. E infatti ogni capitolo cambia prospettiva ma resta focalizzato su un punto e cioè le infinite sliding doors, ipotizzate anche dal killer, che avrebbero potuto modificare gli eventi, evitare la maturazione di un assassino, evitare le sue vittime, evitare questo romanzo. Che non è malaccio, anzi, difetta però di pathos e troppo spesso si dilunga inutilmente. Sulle sliding doors in particolare, l’autrice scrive paragrafi e paragrafi immaginando, per mano (e per mente) dell’investigatrice, il futuro che avrebbero potuto avere le vittime o perfino i loro figli. Qua e là ci mette sogni dell’uno o dell’altra, sogna questo, sogna quello e insomma, qualche decina di pagine avremmo potuto risparmiarcela. Inoltre, la disperazione per le ragazze e l’ossessione di cogliere in fallo il killer non mi hanno coinvolto particolarmente: o sono insensibile io o l’autrice non ha toccato le mie corde. Peccato, perché il suo cognome evocava uno dei miei scrittori preferiti. Oppure, alla fine, erano davvero solo appunti e allora va bene così.
Danya Kukafka – Appunti su un’esecuzione




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