06 agosto 2011
Ore 2.45. Sono in Francia, a Bayonne, l’ultima tappa prima di arrivare a Saint-Jean-Pied-de-Port da dove, domani mattina, inizierà il Cammino vero e proprio. Ho viaggiato tutto il giorno per arrivare qui. Ho dormito a Genova e stamattina mi sono messo in treno. Genova-Ventimiglia-Nizza-Bordeaux-Bayonne. A Genova tornerò prima o poi, è da vedere. A Nizza, aspettando il treno, ho potuto fare due passi, mi è sembrata carina. Ho attraversato un pezzo di Costa Azzurra e l’ho gustato dal finestrino del treno. Ora a Bayonne, a quest’ora della notte, mi sembra di essere l’ultimo uomo sulla Terra. In giro non c’è anima viva. Ho preso un paio di birre in un pub qui vicino con un ragazzo piemontese che ho conosciuto alla stazione di Bordeaux. Per hobby fa il pugile. Chiuso il pub, volevamo tornare alla stazione di Bayonne per riposare per la notte, ma l’abbiamo trovata chiusa. Lui adesso è su una panchina a dormire nel sacco a pelo, io qui a scrivere dal ponte di un fiume che non so come si chiama. Devo aspettare le otto, poi prenderò il treno per S. Jean e finalmente potrò camminare. Intanto giro per Bayonne e scatto foto. Nella solitudine assoluta.
Cercando una panchina, in un giardino pubblico, conosco dei ragazzi con cui cerco di chiacchierare in inglese che però non parlano. Mi offrono una birra. Quando vanno via dormo un po’ ma fa freddo e inizia pure a piovere. Torno verso la stazione e trovo il piemontese, Giovanni. La stazione è aperta ora, entriamo e aspettiamo l’alba, manca poco.
La mattina il gruppo diventa più numeroso, ci sono altri pellegrini, tra cui Alberto. Attendiamo il pullman che ci porterà a S. Jean facendo amicizia. Non c’è il treno come pensavo, non so perché. Sul pullman c’è un’amica di Alberto, Priscilla mi pare che si chiami, accompagnata da un ragazzo che, oltre ad uno zaino gigantesco, si porta dietro un trolley! Tra l’altro con rotelle che fanno un casino tremendo. Il trolley. Si può pensare di fare il Cammino portandosi dietro il trolley?!
Arriviamo a S. Jean e, dopo aver fatto mettere il timbro sulla Credenziale e comprato un po’ di pane, iniziamo a camminare. Il Cammino di Santiago, fantastico.
All’ufficio di accoglienza ho preso una conchiglia da legare allo zaino. Nel frattempo mi sono perso Giovanni e Alberto. Dopo aver mollato Priscilla e l’uomo trolley, perché sarebbero stati troppo lenti, mi incammino da solo sperando di raggiungere gli altri.
La prima tappa del Cammino è una delle più toste perché è piena di salite ripidissime. Arriveremo a circa 1.500 metri di altitudine. Dopo un’oretta, in cui qualche domandina su dove stavo andando me la sono fatta, trovo Giovanni, Alberto e “Solla” o come cavolo si chiama, una ragazza sudcoreana che perderemo poco dopo perché non riuscirà a starci dietro.
Il percorso è a dir poco mostruoso. Sono contento perché ho realizzato che finalmente sono partito ma sono già stanco. Eppure vado avanti anche quando non mi sento le gambe. Con noi c’è anche Rino, un ragazzo siciliano che resterà indietro pure lui e che rivedremo durante qualche sosta. Non faccio molte foto. Il paesaggio è immenso, verde e praticamente deserto, non avrei potuto immortalare quello che avevo intorno. Che poi erano i Pirenei. Cazzo, ho attraversato a piedi i Pirenei! Non c’è sole e il vento è forte. Le belle sensazioni attutiscono la stanchezza. Nonostante tutto non ho mai pensato di non farcela. Per la prima tappa inoltre la compagnia è stata provvidenziale. Le salite non finiscono mai e le strade infinite passano dall’asfalto allo sterrato, dal sentiero su erba a quello roccioso. Le frecce gialle che indicano il percorso a volte sono l’unico motivo di conforto.
In mezzo al nulla troviamo un venditore di generi alimentari di sostegno, come uova e barrette energetiche. Fa effetto vedere questo tizio su una sdraio con il furgone accanto e niente intorno per chilometri e chilometri. Ogni tanto passano persone che ci salutano. Continuando a salire, inizia a piovere. Ci mancava solo questa. Per fortuna non dura a lungo.
Dopo oltre sei ore di cammino, arriviamo alla discesa per Roncisvalle, ripidissima pure quella per oltre tre chilometri. Dopo sette ore totali siamo a Roncisvalle. Il tempo di scattare due foto stupide, bere una sangria e prendere una branda per la notte e mi rifugio nell’albergue. Avrei potuto girare e fare più foto perché il posto è piccolo e molto bello ma la stanchezza è enorme. Vediamo se domani riesco ad arrivare a Pamplona.
Se vuoi…